di Bruno De Domenico, psicologo e psicoterapeuta.
Perché, andando contro i propri interessi, i terapeuti strategici (e non solo), ritengono controproducente visitare i bambini?
Fondamentalmente per due motivi, che a loro volta si intrecciano l’un l’altro.
Come al solito, l’intervento del cosiddetto “esperto”, vero o presunto, non fa che squalificare chi, in quel periodo della vita, dovrebbe essere la guida del bambino, in primis i genitori, ma vale anche per la scuola e gli insegnanti.
Anziché dare ai genitori (e agli insegnanti), gli strumenti per intervenire, con cui cambiare quello che non va bene nell’educazione/crescita del bambino/bambina, conferma sia ai genitori che ai bambini che loro non siano in grado, che non possono fare nulla.
E tra l’altro, trasmette loro l’idea che, se è così, loro stiano veramente male, abbiano veramente bisogno di un dottore, di un medico! Gli psicologi non sono medici, ma tant’è, comunque li vedono come preposti alla salute, per di più mentale, e questo getta una pesante ombra sulla loro fiducia in sé stessi: se mi vede uno psicologo, o un neuropsichiatra, uno “strizza-cervelli”, vorrà dire che ho qualcosa che non va, che sono difettoso, disturbato, malato, ecc. ecc.?
E ovviamente questa paura verrà sancita, confermata, suggellata, dall’immancabile diagnosi di turno: dalla dislessia all’AD o ADHD, il disturbo dell’attenzione con o senza iperattività, ovviamente meglio con iperattività: più roba ci si mette e meglio è! Il “disturbo dell’apprendimento scolastico”(!), il disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato (!), oppure anche la disregolazione dell’umore oppure il disturbo dello spettro autistico.
Non sto negando che esistano i disturbi specifici dell’apprendimento o varie altre problematiche, ma di certo sono enormemente sovrastimati per quantità e qualità, tanto da ridurre pesantemente e inficiare gravemente sulle capacità dei bambini a cui queste etichette vengono apposte.
Un esempio banale:
quelli a cui viene subito dato il computer e che in tal modo non impareranno mai a scrivere a mano;
quelli a cui viene detto che non sono in grado di leggere e così davvero non lo faranno mai.
L’ennesima profezia che si autoavvera.
Ovviamente a tali diagnosi e certificazioni, per taluni/e una grande percentuale o la totalità dei loro introiti, seguiranno lunghi trattamenti, e più il/la bambino/bambina sarà, grave, più remunerativo sarà il trattamento, più il/la bambino/a sarà grave più difficile sarà il suo miglioramento.
Insomma gli stessi meccanismi di patologizzazione/cura a vita che valgono per gli adulti, con la differenza che il bambino non ha gli strumenti per difendersi da questo depotenziamento, talora azzeramento delle sue capacità e talenti, perché sono i genitori stessi, in buona fede, che lo immettono in questa patologizzante “filiera psicologica-psichiatrica”.
Non sono pochi i bambini/bambine che solo dopo essere presi in carico da psicologi o psichiatri, per un attacco di panico o per un episodio di bullismo, cominciano una terribile “carriera psichiatrica” di disturbi alimentari, vomiting, autolesionismo, ansia e panico costanti, peggiorando via via negli anni, finendo in vari centri cosiddetti specialistici, comunità e quant’altro.
Certo, la vulgata comune, potrebbe essere: ma se è diventato/a così dopo, figuriamoci se non ci fosse stato l’intervento precoce dello psicologo, dello psichiatra, il più delle volte con acclusi farmaci pesanti.
Ma in realtà ci sono migliaia e migliaia di bambini/ragazzi che hanno vissuto/subito uno o qualche evento sgradevole, ansiogeno o anche doloroso, bullismo, crisi di panico, o difficoltà alimentari, e senza ingigantirli e metterlo al centro della loro vita e famiglia ne sono usciti, con l’aiuto di genitori e insegnanti.
Perché non ci si chiede: ma se è così peggiorato, qual è stato l’aiuto che ha ricevuto? Qual è stato il beneficio?
Ovviamente cosa diversa è per quanto riguarda gli adolescenti, dove spesso i disturbi sono ormai radicati e lì sì, per “uscire dalla trappola”, riprendendo il titolo di un bellissimo libro di Selekman e Nardone, serve un professionista che aiuti a invertire il circolo vizioso instauratosi.
Ma anche per questo, imprescindibile, sarà l’aiuto della famiglia, della scuola e del contesto in cui l’adolescente vive, ciò che viene spesso ignorato sistematicamente dai centri cosiddetti specializzati, lautamente sovvenzionati dallo Stato, dove questi/e ragazzi/e conoscono e si “contagiano” a vicenda con altri ragazzi/e che si fanno del male, anoressiche, bulimiche, presunti/e borderline (ovviamente), tossicodipendenti e chi più ne ha più ne metta.
Breve bibliografia di riferimento:
Primo, non curare chi è normale. Allen Frances. (Psichiatra)
Curare la psichiatria. Andrea Vallarino. (Psichiatra)
Scrivere, l’abilità dimenticata. Alessandra Venturelli. (Pedagogista).
Aiutare i genitori ad aiutare i figli. (Nardone ed equipe).